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Schopenhauer e Leopardi nel dialogo di De Sanctis e il testo completo del Dialogo

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Francesco De Sanctis
Nel dicembre del 1858 compare sulla "Rivista Contemporanea" di Torino un saggio in forma di dialogo "Schpoenhauer e Leopardi" scritto da Francesco De Sanctis e che viene considerato uno dei primi contributi italiani all'interpretazione della filosofia di Schopenhauer  e anche uno dei più brillanti lavori di De Sanctis, "uno dei suoi saggi più geniali", secondo Carlo Muscetta.
Il dialogo si svolge tra due personaggi: A. e D. A è lo stesso De Sanctis, D un suo conoscente. D. riferisce ad A. che sta scrivendo un articolo su Schopenhauer per la Rivista Contemporanea, A. odia invece la filosofia, specie quella idealistica. D. espone la filosofia di Schopenhauer: la volontà, il pessimismo, la sofferenza umana, le vie per superare il dolore; A. manifesta la convinzione che filosofia e teologia siano destinate a scomparire con l'avanzamento degli studi scientifici e che, quindi, su certe questioni sia meglio sospendere il giudizio e lasciar da parte la filosofia stessa. 
Nella conclusione viene rifiutato il pessimismo di Schopenhauer e scartata la sua filosofia per la sua inconcludenza e per il suo esito rinunciatario e che conduce all'immobilismo e rivalutato invece il pessimismo leopardiano per il suo carattere progressivo.
De Sanctis nel 1858 soggiornava a Zurigo e frequentò molti sostenitori del filosofo tedesco venendo così a conoscenza della sua concezione pessimistica, della sua vita, della sua personalità.

E' interessante il fatto che Schopenhauer venne a conoscenza del dialogo di De Sanctis e lo lesse. Infatti Otto Linder, che tradusse in tedesco i Canti di Leopardi, tradusse il Dialogo di De Sanctis e lo segnalò a Schopenhauer. Nel Febbraio del 1859 Schopenhauer, in una lettera, così risponde a Linder: "Mandatemi, mandatemi il dialogo per colmare subito la mia ardente curiosità. Qui in questa Abdera, è impossibile pensare che io possa procacciarmelo". Nonostante la pesante stroncatura finale che viene fatta della sua filosofia, a Schopenhauer piacque il Dialogo ed ebbe per esso parole di elogio: "E' un importante progresso che l'Italia apre a me dinanzi. Io ho letto quel dialogo due volte attentamente, e debbo stupire nel riconoscre in qual alto grado questo italiano si sia impossessato della mia filosofia, e come bene l'abbia compresa. Egli non fa dei sunterelli e degli estratti dei miei scritti, come usano i professori tedeschi...senza vero intendimento e seguendo l'ordine delle pagine. NO: ma li ha assorbiti in succum et sanguinem, e li ha sulla punta delle dita per adoperarli dove occorre. E' inoltre convinto della verità, ed è pieno d'entusiasmo; ma crede di dover qua e là, per divertire il suo pubblico, mostrare un ghigno sarcastico... Lascio stare le invettive contro di me nella chiusa; le quali provengono da ciò che la Giovine Italia, come il canagliume democratico tedesco del 1848, non ha trovato in me il suo uomo".
Schopenhauer apprezza dunque il Dialogo di De Sanctis e attribuisce le invettive finali alla volontà dell'autore di compiacere gli ambienti della "Giovine Italia" che Schopenhauer mostra di disprezzare, come aveva disprezzato gli studenti tedeschi e gli altri esponenti del 1848 in Germania.

Il testo è disponibile integralmente al seguente indirizzo:
Liber Liber Dialogo Schopenhauer  e Leopardi
Il testo è inoltre completato da numerose note e da una bibliografia sull'argomento

FONTI
Cronologia.it
Schopenhauer Wikipedia
Schopenhauer e Leopardi Wikipedia





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