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L'esperimento di Milgram e il principio di autorità

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Milgram e il principio di autorità
Stanley Milgram
Nel 1961 Stanley Milgram, psicologo sociale statunitense, realizzò un esperimento il cui scopo era quello di studiare il comportamento di soggetti cui un'autorità ordini di eseguire azioni contrastanti con i valori dei soggetti stessi. L'interesse di Milgram per il problema dell'autorità e dell'obbedienza all'autorità nasceva anche da circostanze storiche legate al processo ad Adolf Eichmann, organizzatore dello sterminio degli ebrei da parte dei nazisti nella seconda guerra mondiale, che si tenne a Gerusalemme qualche mese prima dell'esperimento. Eichmann giustificò il suo comportamento asserendo  che si limitava a eseguire degli ordini senza alcun odio nei confronti degli ebrei. Con il suo esperimento Milgram volle rispondere alla domanda: "E' possibile che Eichmann e i suoi milioni di complici stessero semplicemente eseguendo degli ordini?"
In altri termini lo scopo di Milgram era quello di studiare come si attui la determinazione del comportamento individuale in un sistema politico - sociale gerarchico e autoritario che impone l'obbedienza.
Nel caso specifico dell'esperimento di Milgram l'autorità "legittima"è quello di uno scienziato che compie un esperimento nel corso del quale chiede al soggetto di obbedire a degli ordini che contrastano con le convinzioni morali del soggetto stesso.

Descrizione dell'esperimento

Il reclutamento
Vennero reclutati "40 soggetti di sesso maschile, di diversa età e livelli socio-professionali, attraverso la pubblicazione di un annuncio pubblicitario sulla stampa. Tale annuncio prevedeva, tra l'altro, un modico compenso più un rimborso spese per i partecipanti all'esperimento, basato sullo studio della memoria e sulla valutazione delle "punizioni" impartite ai soggetti sperimentali ai fini dell'apprendimento"1.

La prova
L'esperimento venne tenuto presso i locali dell'università di Yale e i partecipanti vennero informati dettagliatamente e in modo molto formale sulla dinamica dell'esperimento e le sue finalità, tutto ciò per rafforzare maggiore credibilità all'esperimentano e all'autorità dello scienziato. Vennero quindi assegnati i ruoli di "allievo" e "insegnante" con un sorteggio truccato, il realtà l'allievo era un complice, al soggetto ignaro veniva sempre assegnata la parte di insegnante. La prova consisteva nella lettura di coppie di parole da parte dell'insegnante all'allievo, per esempio: anatra / selvaggia, scatola / azzurra, ecc. L'insegnante ripeteva quindi la seconda parola della coppia insieme a 4 parole tra le quali l'allievo doveva individuare quella corretta perché associata in precedenza al termine. Per esempio "azzurra", "auto, acqua, scatola, lampada".


La punizione
Qualora la risposta fosse stata errata, l'insegnante doveva punire l'allievo con una scarica elettrica di intensità crescente agendo su una serie di 30 interruttori posti in un pannello a cui era associata una tensione eletrtica che andava da 15 V fino a 450 V e ordinate in gruppi di 4 interruttori etichettati con scritte quali: 1-4 scossa leggera, 13 - 16 scossa molto forte, fino a 25 - 28 attenzione scossa molto pericolosa, 29 - 30 XXX. Al soggetto ignaro veniva fatta provare la scossa somministrata dalla terza leva a 45 V. Naturalmente il complice sbagliava e l'insegnante doveva infliggergli una scossa aumentando gradualmente l'intensità elettrica di questa. L'attore complice, legato a una sedia, simulava un dolore crescente: gemiti, urla disperate, invocazioni di soccorso. A 270 V emetteva un urlo lancinante e dopo i 300 V simulava uno svenimento e rantolava come fosse in fin di vita.


Il conflitto
L'insegnante viveva una stato d'ansia determinato dal conflitto insorgente tra i suoi valori e principi morali e gli ordini di un'autorità che egli riconosceva come legittima e che gli ordinava di continuare l'esperimento nonostante le condizioni dell'allievo. Gli ordini dello scienziato erano: "l'esperimento richiede che lei continui", "è assolutamente indispensabile che lei continui", "non ha altra scelta, deve proseguire". Solo se il soggetto si rifiutava anche dopo che tali ordini venivano impartiti l'esperimento veniva interrotto e veniva rivelata la vera finalità della ricerca. I soggetti reagivano anche fisicamente son: tremore, aumento della sudorazione, balbettii, proteste, mordendosi le labbra, ecc. ma si sentivano, per la maggior parte, comunque in dovere di obbedire all'autorità.

replica dell'esperimento di Milgram

Le Variazioni
Per avere una visione organica e completa del fenomeno dell'obbedienza furono introdotte numerose variazioni rispetto all'esperimento standard. 
Variazione 1:  3 maestri, due erano complici e 1 il soggetto ignaro. I complici si ritirano dall'esperimento (a 150 V e a 210 V), questo fece aumentare il numero dei soggetti che si rifiutarono di eseguire gli ordini .
Variazione 2: si lascia libero il soggetto di decidere intensità della scosse e lo scienziato - sperimentatore esce dalla stanza. In assenza dell'esperto che incarna l'autorità si ha un calo dell'obbedienza.
Variazione 3: presenza di 2 sperimentatori che mostrano disaccordo sulla prosecuzione della prova. In questo caso, sostenuti da una delle due figure in cui si incarna l'autorità, tutti i soggetti si rifiutano di proseguire.
La seguente tabella mostra i risultati delle 4 versioni, la standard e le altre 3



Un altro tipo di variazioni è riportato nella tabella seguente, si nota come al diminuire della distanza tra il soggetto e la vittima aumenta il numero dei soggetti disobbedienti.


I Risultati
La scossa media massima che venne inflitta nel corso dell'esperimento fu di 360 V e nel 62% dei casi i soggetti giunsero a 450 V somministrando la scossa più elevata, quella che corrispondeva alla morte.

La spiegazione dell'esperimento di Milgram
Secondo Milgram “E’ l’estrema disponibilità di persone adulte a seguire fino all’estremo l’ordine di un’autorità, quella che rappresenta la principale scoperta di questo studio” (1976).
Interpretare questa estrema disponibilità è un'operazione piuttosto complessa.
In primo luogo l'educazione all'obbedienza è parte costitutiva dei più elementari processi di socializzazione. La società, attraverso varie istituzioni (scuola, famiglia, gruppi, lavoro, ecc.), condiziona sin dall'infanzia l'individuo a sottostare alla regola dell'obbedienza all'autorità legittima, che costituisce uno dei fondamenti della vita associata. 
In secondo luogo si verifica il fenomeno della ridefinizione della situazione che porta ad una distorsione percettiva della stessa che disinnesca il conflitto tra norme cui il soggetto è sottoposto. La situazione in cui si sviluppa l'esperimento porta infatti i soggetti a inserire il comportamento disumano che essi adottano nei confronti della vittima, in un contesto nel quale esso è compatibile con i valori e le credenze del soggetto stesso. L'azione violenta viene quindi sentita come ragionevole e oggettivamente necessaria. Infatti il soggetto tende a percepire nello sperimentatore un'autorità legittima verso cui si sente obbligato e giustifica il suo comportamento punitivo nei confronti della vittima come utile alla scienza, focalizzando la sua percezione sugli ordini impartiti dallo sperimentatore e ponendo in secondo piano le reazioni della vittima. Quello che in altri contesti sarebbe per lo stesso soggetto un comportamento riprovevole e disumano, appare quindi legittimo e adeguato, in tale contesto la sua valenza negativa viene soppressa. Si tenga inoltre presente che l'esperimento avviene molto rapidamente e il soggetto ha difficoltà a comprendere che la regola (obbedienza all'autorità) non è adeguata al caso che sta vivendo. 
La forza con cui la regola dell'obbedienza si impone nel conflitto con altre norme morali (non esercitare violenza gratuita su una vittima inerme) è sostenuta anche dal concorrere di altre norme tramite cui si esercita la pressione sociale. Infatti disobbedire allo sperimentatore comporta negare la sua autorità e competenza, contravvenire all'impegno che si è preso con lui. Per di più la disobbedienza verrebbe ad inficiare il comportamento tenuto fino a quel momento dal soggetto, mettendo in questione l'immagine complessiva di sé che egli possiede. Infatti se decide di non somministrare la scossa ad un livello più alto, come può giustificare quella appena somministrata? Se interrompe la sua azione punitiva deve ammettere che il suo comportamento fino a quel momento è stato sbagliato.

Lo stato eteronimico 
Si definisce eteronomo lo stato in cui un soggetto agente riceve da fuori di sé la norma della propria azione. Il termine è usato in contrapposizione ad autonomia. Lo stato eteronimico viene indotto dal fatto che il soggetto riconosce come dotata di autorità la figura dello scienziato e percepisce se stesso come inserito in una struttura gerarchica e in posizione subordinata allo scienziato ai cui ordini ritiene di dovere obbedire. Il carattere eteronomo della situazione consiste quindi nel fatto che il proprio comportamento è percepito come totalmente dettato dagli ordini ricevuti e non frutto della propria volontà, del proprio arbitrio. Il soggetto sta eseguendo gli ordini di un'autorità legittima in una situazione i cui elementi, grazie alla ridefinizione della situazione e alla distorsione percettiva, sono complessivamente coerenti con le sue convinzioni, non si sente pertanto responsabile di quello che sta facendo, ma sono le autorità ad esserlo. Egli si sente responsabile verso le autorità non verso le azioni che compie. Questo è dimostrato da come il soggetto percepisce se stesso, infatti egli non attribuisce l'azione a motivazioni personali, né questa ha conseguenze nel giudizio che ha di sé, considera la sua azione violenta e crudele come estranea alla sua natura.

Conclusioni 
La conclusione di Milgram è che: "persone normali, che fanno il loro lavoro e senza alcuna particolare ostilità nei confronti delle vittime, possono diventare terribili parti attive in un processo di distruzione: anche quando gli effetti si rivelano in tutta la loro gravità, poche persone hanno le risorse necessarie per resistere ad una autorità" (Milgram, 1974). 
Anche Miller sottolinea la potenza della regola per cui si deve obbedire all'autorità legittima come spiegazione dei risultati dell'esperimento:  “L’ansia dimostrata dai soggetti durante l’esperimento fece apparire con chiarezza lo straordinario impatto dell’autorità: un campione di soggetti presumibilmente normali, di “brave persone”, era stato indotto ad andare contro i propri principi, accanendosi con una vittima che si lamentava, solo per eseguire un ordine che veniva dall’autorità”. (Miller, 1986)

Validità dell'esperimento di Milgram
L'esperimento di Milgram costituisce un classico della psicologia sociale e degli studi su autorità e conformismo, è stato replicato innumerevoli volte in paesi diversi e tempi diversi e ha sempre dato risultati simili. 
Le critiche rivolte all'esperimento furono di vario tipo:
1. di carattere etico, potenziali danni arrecati ai soggetti dell'esperimento per l'esperienza traumatica vissuta. 2. di carattere metodologico: l'impiego dell'inganno nei confronti del soggetto piuttosto che di strategie di role - playing in cui il soggetto è informato e consapevole
3. di carattere sostanziale: la gratuità del paragone tra la situazione sperimentale create da Milgram e la Shoa.

Sitografia
Per scrivere questo post ho ripreso, sintetizzandoli, parafrasandole e integrandole, i contenuti presenti nei seguenti articoli:
Wikipedia: Esperimento Milgram
Fasf Uniba: presentazione Milgram (1963, 1974, 1976)
conformismo.it: Autorità
Psicocaffe: 6 esperimenti psicologici da ricordare - 5 Milgram e l'obbedienza
Palmonari - Cavazza, presentazione, capitolo 5, Stanley Milgram
video su una replica dell'esperimento di Milgram
video su un'altra replica dell'esperimento di Milgram (sottotitoli in italiano)
recensione a Obbedienza all'autorità. Uno sguardo sperimentale, di Stanley Milgram




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