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L'aula del XXI secolo: l'aula tra didattica, web e nuove tecnologie

Quali spazi per una didattica basata sulle nuove tecnologie?
Il problema dell'innovazione didattica in Italia, di come introdurre le nuove tecnologie o TIC nella didattica, presenta molti aspetti, tra quelli solo apparentemente poco importanti vi è quello dell'aula: come deve essere un'aula nel XXI secolo? Come deve essere ridisegnata per ospitare una didattica innovativa? Gli spazi, i banchi, le sedie, i posti occupati dalle persone, gli strumenti, la disposizione reciproca di tutti questi elementi, non sono affatto irrilevanti.
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L'infografica mostra i dati percentuali relativi al gradimento del'utilizzo in varie attività delle TIC e del Web
Innovare non significa riempire le aule di LIM e Tablet
La SEMPLICE E MERA INTRODUZIONE DI LIM E TABLET non è la risposta al problema dell'innovazione didattica, non si tratta della ormai banale e universalmente accettata considerazione per cui non deve essere la didattica a piegarsi agli strumenti tecnologici, ma l'utilizzo di questi ad essere condotto secondo criteri, motivazioni, obiettivi didattici e formativi. Si tratta proprio dell'aula come spazio fisico e architettonico: come deve essere strutturata perché sia possibile sviluppare in essa una efficace didattica che faccia uso delle nuove tecnologie? Una didattica web based e digital based?



Da aula ad ambiente di apprendimento
Schiaffare LIM e Tablet nello spazio dell'aula tradizionale significa continuare a perseguire la strada del vecchio apprendimento, niente di male in ciò, ché le vecchie e tradizionali modalità in cui si sviluppa il processo di apprendimento e insegnamento non sono affatto superate, anche se da modificare ed integrare se non si vuole la decomposizione del sistema scolastico e formativo del paese. Quindi come fare perché la spesa per LIM e Tablet possa servire a qualcosa? Occorre trasformare l'aula in un ambiente di apprendimento. Il video qui sotto è un'animazione realizzata da Ray Stuckey, docente della Rodriguez Hig School (Usa), che ricostruisce un'aula  dopo che è stata ristrutturata e ridisegnata, DALLO STESSO DOCENTE CON LA COLLABORAZIONE DEGLI STUDENTI, per supportare una didattica incentrata sull'utilizzo dell'e-learning e delle nuove tecnologie al fine di realizzare forme di apprendimento collaborativo e attività differenziate.



Come deve essere l'aula per una didattica basata sulle TIC e sul WEB?
Non esiste una unica conformazione che può essere proposta come ideale per l'aula tecnologica. I diversi modi di configurare un'aula e gli elementi che la compongono sono molteplici e funzionali alle esigenze didattiche con cui i media e le tecnologie vengono utilizzate, variabili in relazione ai programmi e curricoli o in base alle diverse attività, progetti, azioni laboratoriali poste in essere. La modularità e variabilità sono i criteri che devono essere tenuti presenti nella individuazione  delle caratteristiche dell'aula del XXI secolo, in modo che essa sia di volta in volta modificabile e riconfigurabile a seconda delle esigenze. Nelle immagini sottostanti sono raffigurati i principi dello School Design architettura centrata sullo studente e caratterizzata da: spazi aperti, luminosi, colorati,versatili e dinamici (elementi come pareti, mobili, strumenti, devono poter essere spostati e ricollocati facilmente), fatti per il lavoro in piccoli gruppi, la costruzione collaborativa della conoscenza, l'integrazione tra ambiente fisico e virtuale (online).
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Esempio di School Design: ambienti scolastici per l'apprendimento realizzati dal PCOE (Uff. Educ. Contea di Placer )

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Disegno di una hig school negli Usa ispirato ai principi dell'attuale school design
E in Italia?
Le immagini e le considerazioni fatte fin qui sono ricavate da quanto sta avvenendo in molti paesi, come quelli scandinavi o anglossassoni (Usa, Australia, Nuova Zelanda, ecc.), paesi in cui il curriculum e l'organizzazione degli studi sono molto diversi da quelli italiani. Un esempio, il sistema di istruzione superiore non si fonda come da noi sulla classe anagrafica, ma su corsi impartiti dai docenti a cui gli studenti scelgono di partecipare. Le aule quindi non sono aule in cui  viene a collocarsi stabilmente una data classe di studenti, ma sono aule disciplinari, in cui risiede stabilmente un docente, che impartisce differenti corsi della sua disciplina a differenti gruppi di studenti. Le aule quindi possono essere configurate secondo le metodologie, le esigenze e la didattica che caratterizzano quel docente e quella disciplina. In Italia la personalizzazione nella configurazione dell'aula non può invece andare oltre un certo limite, molto superficiale, dal momento che nella stessa aula vengono insegnate e apprese discipline diverse, con differenti esigenze da differenti docenti. Insomma, la possibilità per un docente di configurare a sua discrezione la propria aula, come nel caso del prof. Stuckey (il secondo video), sarebbe molto problematica. 

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2 aule (1st e 4th grade) del West Ada School District (Usa)
Italia: un paese in via di sottosviluppo!
Ma la più importante considerazione da cui occorre partire per avviare un qualsivoglia discorso su questi problemi è riconoscere realisticamente quale sia la condizione del paese. L'Italia, semplicemente, non può permettersi la spesa necessaria per realizzare un sistema di scuole e di aule del genere. L'Italia è un paese, non solo in ambito scolastico, in via di sottosviluppo o già sottosviluppato, lo è per le sue infrastrutture di base, per il suo sistema amministrativo burocratico, per la sua inconcludente legislazione, per la percentuale di spesa in ricerca e formazione, e così via. Quindi occorre considerare la fattibilità anche finanziaria di un intervento complessivo sull'edilizia scolastica e commisurare tale intervento alle limitate risorse disponibili. Ricordo che più della metà degli edifici scolastici italiani non sono a norma in fatto di sicurezza e non vi è la possibilità, né a breve, né a medio termine di risolvere questa situazione, con il risultato che, non solo pare utopia immaginare le aule delle nostre scuole ridisegnate in funzione di nuove tecnologie e nuove forme di didattica, ma il sistema scolastico va avanti e andrà ancora avanti, al di fuori della legalità.
Per finire va anche ricordata la totale, pluridecennale e comprovata inadeguatezza di chi ha gestito il sistema scolastico italiano, Fruttero e Lucentini avrebbero potuto aggiungere ai loro due libri sulla prevalenza e il ritorno del cretino una vera e propria enciclopedia della cretinaggine solo limitandosi a quanto fatto dai vari ministri dell'istruzione e dal loro seguito di direttori, dirigenti e responsabili ai vari livelli e nei vari settori.

E allora che fare?
Fare di necessità virtù ed esercitare la picaresca arte dell'arrangiarsi con quanto si riesce ad avere sembra, come sempre, la strada che si dovrà percorrere. Utilizzare al meglio strutture e strumenti disponibili non cadendo nell'errore di calare l'innovazione dall'alto e di mirare ad adeguare la didattica agli strumenti e alle nuove tecnologie. Si tratta di trovare soluzioni ad hoc di volta in volta differenti e variabili, a seconda delle circostanze e delle risorse umane e materiali che si hanno a disposizione. Occorre abbandonare il paradigma dell'ingegneria educativa e della progettazione dell'istruzione per adottare un approccio basato su quello che Wenger, a proposito delle comunità di pratica, chiama il coltivare (cultivating), l'azione indiretta di sostegno, guida, risoluzione creativa di problemi fondata sulla natura autopoietica della comunità di apprendimento e che si contrappone alla natura verticale del progettare, di matrice fordista-taylorista. Dall'incontro quotidiano tra tecnologia e pratica formativa, tra docenti e studenti reali (non quelli ideali dei progetti e dei pedagogisti), si dovrà partire per risolvere di volta in volta i problemi dell'innovazione e dell'uso delle TIC, con soluzioni differenti e mai definitive, come se si fosse in una perpetua fase beta.

LINK UTILI
Pinterest, bacheca "aula XXI secolo"


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